Stemma Cardinalizio
Storia personale
- Card. Paolos Tzadua
- TZADUA, Paulos (1921-2003) Birth . August 25, 1921, Addifini, eparchy of Asmara of Eritreans, Eritrea. Education . Seminary of Cheren, Asmara; Italian Lyceum "Ferdinando Martini", Asmara; Catholic University of Sacred Heart, Milan, Italy (doctorate in law). Priesthood . Ordained, March 12, 1944. Pastoral work in Asmara, 1944-1946; in the mission of Guarghe, south of Addis Abeba, 1946-1949. In Eritrea, faculty member, Minor Seminary, 1949-1953; further studies, Asmara, 1949-1953; in Milan, Italy, 1953-1958. Secretary to the bishop of Asmara and to the archbishop of Addis Abeba, 1960-1961. Secretary general of the Episcopal Conference of Ethiopia. In Addis Abeba, pastoral work with university students and service as archdiocesan curia official; faculty member, University of Addis Abeba, 1961-1973.
venerdì 27 marzo 2009
Voi discutevate di condom Lui commuoveva l’Africa Intervista a padre Albanese
«D’accordo che dentro alla Chiesa è sempre aperto il dibattito sulla Humanae Vitae, sulla condanna dell’uso del condom nei rapporti fra coniugi, ma con che faccia questi signori accusano il Papa di essere il responsabile della sofferenza e della miseria delle Afriche? Loro che hanno fatto e fanno affari coi dittatori africani sulle spalle dei loro popoli impoveriti? E chi ha venduto le armi in questi anni sia ai governi che ai guerriglieri che li combattevano, la Santa Sede o i grandi paesi europei?». Padre Giulio Albanese è tutto tranne che un conservatore e un missionario vecchio stampo. Cinquantenne comboniano col carisma della comunicazione (riviste, quotidiani, radio e tv a cavallo fra Kenya e Italia), commentatore di Avvenire per le questioni africane, è da sempre un fan dell’apocalittico Alex Zanotelli e un simpatizzante di tutte le cause progressiste, quelle sacrosante come quelle più discutibili: dalla remissione del debito estero alla campagna contro gli Ogm, dalle iniziative contro il commercio di armi e mine antiuomo alla promozione del commercio equo e solidale. Ma il trattamento che la grande stampa illuminata e le cancellerie europee hanno riservato a Benedetto XVI non gli garba per nulla. Lo trova poco spontaneo e per nulla genuino: «Ho una sensazione: lo scandalo sulle parole circa i profilattici e l’Aids sono servite ad oscurare alcuni messaggi forti che il Papa ha lanciato, con cui ha messo in discussione le azioni sia delle leadership africane che dei paesi europei». Non c’è dubbio che Benedetto XVI più volte nel corso del viaggio ha sollevato la questione delle povertà e delle ingiustizie sotto il cui peso l’Africa geme. Stampa e tv si sono limitati a riportare asetticamente le sue parole, mentre sul breve passaggio pronunciato in aereo su condom e Aids si sono abbattuti decine di titoli irridenti e di commenti alla carta vetrata. «È incredibile, il Papa è andato in Angola, uno dei paesi più ingiusti del mondo, dove un regime erede della Guerra fredda (in passato sponsorizzato da Cuba e dall’Urss finché è esistita, ndr) grazie ai contratti pertroliferi conclusi con l’Occidente e con la Cina ha creato una società in cui l’1 per cento della popolazione, legata alla nomenklatura del partito di governo, vive nel lusso più sfrenato mentre il 99 per cento sprofonda nella miseria assoluta. All’aeroporto ha fatto un discorso che ha messo i brividi di commozione agli angolani, quando ha detto: “Non piegatevi alla logica del più forte”. Lì tutti hanno capito che parlava delle élite locali e del loro grande protettore, la Cina. Ma sulla stampa europea nessuno ha commentato o approfondito». Ascoltando padre Giulio si capiscono meglio fatti come la negazione del visto al Dalai lama da parte del Sudafrica. «L’Angola ormai è la fotocopia africana della Cina: sistema economico improntato a un capitalismo senza regole, sistema politico dittatoriale ammantato in retorica democratica. I cinesi vincono un appalto dopo l’altro corrompendo i governanti, offrendo infrastrutture in cambio di materie prime e realizzando i lavori con grandi risparmi grazie al fatto che utilizzano manodopera cinese in condizioni di semischiavitù: spesso sono detenuti politici mandati qui ai lavori forzati. Nel centro di Luanda su un grattacielo c’è un megaschermo che trasmette cartoni animati orientali tutta la notte, e i ragazzi di strada angolani sotto che guardano e si addormentano sui marciapiedi. Fra qualche anno il continente nero sarà diventato giallo».
In questa situazione difficile è arrivato il messaggio del Papa, in comunione con le Chiese dell’Africa.«È stato un viaggio ben riuscito, con un Papa all’ascolto e commosso davanti alla fede e alla povertà del popolo, e gli africani entusiasti della presenza di Benedetto XVI. Un viaggio nella prospettiva del Sinodo per l’Africa e dei suoi contenuti: pace, giustizia e riconciliazione, le tre emergenze delle Afriche che sono il riflesso di un riferimento teologicamente radicato nella Trinità. Il Papa ha saputo coniugare la spiritualità cristiana basata sulla parola di Dio, sul magistero e sulla vita sacramentale con la vita reale della gente. Ha superato le opposte visioni ideologiche, quella che attribuisce la colpa di tutto il male dell’Africa all’Occidente e quella che dice che è tutta colpa degli africani, che non sono intrinsecamente capaci di migliorare. Il Papa ha indicato le responsabilità politiche nazionali e internazionali, ma insieme ha incoraggiato le comunità cristiane a dare il buon esempio, a farsi carico della responsabilità di innescare un cambiamento. Partendo dalla comunione, contro ogni tentativo di divisione dei popoli».
Sopra a tutto questo, la polemica del condom è stata una nuvola impalpabile: «Se non ci fossimo informati su quel che si diceva in Europa, noi che abbiamo seguito il Papa nel viaggio non ci saremmo accorti di nulla. È chiaro che i media cercavano lo scandalo per vendere. Così, pur parlando di Aids, si sono dimenticati di dire che in Africa ci sono 22 milioni di malati ai quali il condom non serve più, ma hanno bisogno di un aiuto a ritrovare la speranza. Su questo versante la Chiesa cattolica nelle sue molteplici realtà, come ha ricordato il Papa, fa cose meravigliose».
In questa situazione difficile è arrivato il messaggio del Papa, in comunione con le Chiese dell’Africa.«È stato un viaggio ben riuscito, con un Papa all’ascolto e commosso davanti alla fede e alla povertà del popolo, e gli africani entusiasti della presenza di Benedetto XVI. Un viaggio nella prospettiva del Sinodo per l’Africa e dei suoi contenuti: pace, giustizia e riconciliazione, le tre emergenze delle Afriche che sono il riflesso di un riferimento teologicamente radicato nella Trinità. Il Papa ha saputo coniugare la spiritualità cristiana basata sulla parola di Dio, sul magistero e sulla vita sacramentale con la vita reale della gente. Ha superato le opposte visioni ideologiche, quella che attribuisce la colpa di tutto il male dell’Africa all’Occidente e quella che dice che è tutta colpa degli africani, che non sono intrinsecamente capaci di migliorare. Il Papa ha indicato le responsabilità politiche nazionali e internazionali, ma insieme ha incoraggiato le comunità cristiane a dare il buon esempio, a farsi carico della responsabilità di innescare un cambiamento. Partendo dalla comunione, contro ogni tentativo di divisione dei popoli».
Sopra a tutto questo, la polemica del condom è stata una nuvola impalpabile: «Se non ci fossimo informati su quel che si diceva in Europa, noi che abbiamo seguito il Papa nel viaggio non ci saremmo accorti di nulla. È chiaro che i media cercavano lo scandalo per vendere. Così, pur parlando di Aids, si sono dimenticati di dire che in Africa ci sono 22 milioni di malati ai quali il condom non serve più, ma hanno bisogno di un aiuto a ritrovare la speranza. Su questo versante la Chiesa cattolica nelle sue molteplici realtà, come ha ricordato il Papa, fa cose meravigliose».
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